Sono Stefania Apuzzo, nata il 31 agosto 1978 a Milano, dove vivo. Sono una clown, attrice, drammaturga, pedagoga.
Ho cominciato lo studio dell’arte scenica da piccola, avevo tre anni. Non ho memoria del come ci sono arrivata, se non le parole di mia madre: “Ballavi sempre davanti alla tv, ti ho portato a danza.”. Quando mi sono ritrovata lì ho solo ballato in mezzo ad altri corpi di bambine danzati. E questo per tutti i giorni in cui mi ci hanno portato.
Poco più grande mia madre mi ha detto: “C’è una scuola migliore, andiamo?”, “Perché no?”. Così non solo ballavo tutte le volte che mi ci portavano ma quando a giugno chiudevano i corsi, piangevo. Poi ho aggiunto alla danza classica, la danza modern-jazz e con questa sono entrata per la prima volta in vita mia in un teatro. Un posto meraviglioso. I camerini, il sottopalco, il legno, la muffa e i muri che sembravano parlare…ma anche i riflettori che accecandoti ti annientano e tu concentrata all’arte sei bellezza viva e pulsante! “Che luogo incantevole è il teatro”, ho pensato e l’ho amato, tanto. Io il teatro l’ho conosciuto dal corpo e col corpo, ed è l’unico modo che ho d’amare.
Intorno ai 15 anni la depressione adolescenziale era tanta, un giorno a scuola si parlava di teatro e sono andata ad ascoltare. Era la presentazione di un laboratorio di teatro.
Inizio così, quasi per caso. La regista Cesi Barazzi (premio leone d’argento a Venezia per il miglior laboratorio teatrale) mi dice: “La sera c’è un laboratorio per adulti, stiamo preparando uno spettacolo per il Festival Internazionale della tragedia greca, perché non vieni anche lì?”. Io le spiego che non essendo di Sesto S.Giovanni non sapevo come tornare a casa la sera tardi, aggiungendo che anche il costo era un problema. Lei mi disse: “Non ti preoccupare del costo, se tu vieni, ti accompagno a casa io.”
E sono andata, senza saltare un incontro e sono finita sul palcoscenico del Teatro Greco di Palazzolo Acreide a Siracusa. Era maggio, era mezzogiorno, il palcoscenico di legno bruciava e noi scalzi. Ricordo ancora il suono della mia voce che vibrava in quel gioiello d’architettura. Alla fine dello spettacolo il pubblico che colorava l’imponente platea si è alzato in piedi per l’applauso. Sul palco abbiamo ricevuto un’onda di cristalli che ci abbracciavano e da dietro le quinte l’organizzatore sorridente arrivava a noi con una tinozza d’acqua per rinfrescare i piedi. È dalla pianta dei piedi che mi è entrato il teatro dentro.
Ho seguito i laboratori di Cesi 6, 7 anni, ho partecipato ad altri due suoi spettacoli Colombe di Jean Annuile e Yubris nel quale ho debuttato anche come autrice di un monologo. Per Yubris alcune delle piazze che l’hanno vista palesarsi meritano un approfondimento: abbiamo recitato alcune scene all’interno dei lagher nazisti e l’intero spettacolo ha partecipato al Festival delle Arti di Gorazsde (Bosnia), in una seconda ripresa, 10 anni dopo la fine del conflitto. Noi parlavano di guerra ad un pubblico che la guerra la conosceva, noi recitavamo testi complicati in italiano e loro hanno capito quello che gli italiani non riuscivano a capire. Alla fine si alzarono tutti in piedi (grande regista Cesi Barazzi) e lì ho imparato il potere esorcizzante del teatro. Lo specchio profondo che è il teatro dove ti vedi rappresentato e quindi anche liberato.
Così da adolescente sono diventata una giovane donna e con Cesi abbiamo capito che era il momento del distacco. Ricordo ancora la mia improvvisazione dell’addio al laboratorio. Avevo un ombrello che mi proteggeva che dovevo abbandonare, ma fuori l’acqua mi bagnava per la prima volta. Un ombrello che era anche il cordone ombelicale di questa mia madre artistica, stavo lasciando il suo generoso ventre e andavo per il mondo del teatro con le mie gambe.
Insieme a Cesi pensammo per me all’accademia milanese Paolo Grassi ma, anche se all’epoca era gratuita, aveva un problema: non avrei potuto lavorare mentre la frequentavo e non me lo potevo permettere per tre anni. Titubante feci il provino, comunque non lo passai.
Il fallimento, l’inadeguatezza mi fece piangere ma non demordere, Cesi mi guidò verso la scuola del Teatro Arsenale. Mi feci prestare i soldi da mia nonna e la frequentai sapendo che l’anno successivo avrei potuto provare ad entrare all’accademia del Piccolo Teatro. Ma la strada solcata da Jacques Lecoq era mia, mi risuonava nel corpo. Era il senso della mia danza, del tempo che avevo dedicato a studiarla. Così a 22 anni smisi di danzare e iniziai ed essere teatro e non pensai più ad una scuola diversa per la mia formazione di quella condotta da Marina Spreafico.
Diplomata nel 2004 lavorai con la Compagnia del Teatro Arsenale per Le Troiane nella riscrittura di Sartre con la regia di Annig Raimondi. Ero Pallade Atena e una troiana, in scena dall’inizio alla fine dello spettacolo. Feci le mie prime 60 repliche professionali. Non nascondo che il mondo professionale del teatro mi deluse. Le mie insegnanti mi avevano passato un teatro puro, ma ahimè anche quello del teatro era un mondo compromesso dall’essere umano: con paure e comodità più forti dell’amore per l’arte drammatica.
Organizzai quindi, insieme a Daniele Zighetti, una prima produzione indipendente. Rosencrantz e Guildestern sono morti di T.Stoppard. Se ricordo bene ne conto 5 repliche.
Qui siamo intorno al 2009. Vide il nostro spettacolo Marco Filatori del Teatro del Battito e mi chiese di collaborare con lui. Mi iniziò all’insegnamento agli adulti, con Cesi avevo condotto laboratori solo per bambini.
Oltre ai corsi organizzammo una rassegna teatrale insieme al Gheroartè di Corsico. 4 spettacoli con 4 avanspettacoli, 5 di questi curati da me.
Così alla rassegna andò in scena:
“Abbandonare Didone” con regia testo e produzione di Patrizio Luigi Belloli dove ero Iarba. (Spettacolo che ebbe numerose rappresentazioni anche fuori dalla rassegna).
Nell’avan spettacolo con Marzia Laini eravamo “Billa Bolla e Bolla Bella” (la versione femminile di Pinco Panco e Panco Pillo di Alice nel paese delle meraviglie) un duo piaciuto alla direzione artistica del Teatro della contraddizione che era nel pubblico quella sera e che chiese di portarlo al loro Festival Expolis dove le due bambine pungenti hanno duettato con Paolo Rossi.
Secondo Spettacolo in cartellone “Su questa Panchina o su qualcosa di più comodo” (in repliche successive alla rassegna intitolato Matriosche) liberamente tratto da A pechino fa la neve di Tonino Guerra produzione indipendente di Stefania Apuzzo – Francesca Biffi – Marzia Laini drammaturghe, registe e attrici.
Avan Spettacolo tratto dal musical Cabaret di e con Stefania Apuzzo e Patrizio Luigi Belloli.
Terzo spettacolo “Hotel Salomè” da O.Wilde monologo ideato, adattato e diretto da Marco Filatori e da me interpretato.
Billa Bolla e Bolla Billa fu il trait-de-union che mi portò a chiudere la collaborazione con il Teatro del Battito ed iniziare quella con il Teatro della Contraddizione, un luogo un po’ pazzo a Milano, forse per questo ancora abbastanza puro. Al Teatro della Contraddizione c’è un modo di recitare e guardare al teatro che mi somiglia e mi fa sentire a casa.
Dal 2013 al 2017 collaborai con il Teatro della Contraddizione a due delle loro produzioni: sono stata l’Ostessa della Variabile K tratta dal Castello di Kafka e Virgìn in Berlin Berlin, spettacoli scritti e diretti da Marco Maria Linzi. Berlin Berlin in una delle stagioni fu co-prodotto dal Teatro dell’Elfo Puccini di Milano.
Dal 2013 propongo percorsi teatrali fondando Spazio Intermedio, luogo di pratica teatrale dove la maschera è al centro del percorso, come strumento supremo dell’attore.
Nel 2018, in occasione di una collaborazione con CasaMedica di Bergamo, ho scritto “Attente a Noi”, conferenza spettacolo sui ruoli assegnati alle donne nel teatro.
Nel 2019 ho scritto “Il Più Grande Spettacolo del Mondo”, prodotto con Francesca Biffi, selezionato per la residenza artistica presso lo Spazio Lambrate di Milano.
Sto rifinendo il mio nuovo testo: “La morte fa cucù. Opera provvisoria.”
In tutto questo, per me più importante, ho fatto anche altro.
Ho collaborato per 10 anni con la compagnia Teatro in Mostra di Como per lo spettacolo La Spartizione come attrice nel ruolo di Fortunata Tettamanzi con il quale abbiamo raggiunto e superato le 80 repliche;
Con LOfficina del Planetario di Milano ho prodotto lo spettacolo a tema Stelle, Diavoli e Lanterne per Halloween.
Diversi spettacoli di fine anno con gli allievi dei miei percorsi teatrali.
Ho animato con il mio clown Fannì un centinaio di feste per bambini e di piazza insieme a Marco Burci clown musicista.
Ho scritto una pièce clownesca tratto da “Frammenti di un discorso amoroso” dal titolo “Tutto è due, la matematica mi è nemica”.
Approfondito la costruzione del clown a teatro con Pierre Byland.
Recitato in Nessuno che conosci con la regia di Antonio Rosti
Recitato come Rossana nel Cyranò de Bergerac con la regia di Marco Filatori
Con Patrizio Luigi Belloli, Livia Castiglioni, Yumi Seto, Mariagrazia Laurini abbiamo prodotto dei corti teatrali che abbiamo portato per le strade di Veneto, Friuli, Lombardia.